UNA DELL’ ALTRA ”

( l’angoscia di Antigone)

di Mimmo D’Angelo

L’una dell’altra” allo Studio Uno.

Un bello spettacolo, per scoprire subito le mie considerazioni che chiamare critico-letterarie-teatrali mi sembra un po’ troppo.

Già perché mi sento molto vicino al più grande Critico – vivente – che scrive : “…non credo in una critica rigorosa e scientifica. Quando la critica è onesta è il risultato di un’appassionata esperienza personale della quale si cerca di convincere altri…”. Magari qualcuno sa di chi sto dicendo.

Due ottime attrici interpretano rispettivamente le due protagoniste: Lucy (Valentina D’Andrea, che è l’autrice del testo) e Pina (Flavia De Lipsis).

TRAMA

Dopa una serata passata in discoteca, sole tra loro e tra tutti gli altri due donne-ragazze si trovano fuori, nel buio, col solito problema di come tornare a casa (ma quale casa?).

E cominciano a parlare, anzi Lucy vuole parlare, Pina no. Ma poi parlano tutte e due e, come sanno fare due donne oggi, ci danno subito dentro con cazzotti veri e diretti al corpo ma soprattutto all’anima. Lucy ha trovato ancora una serata di sesso occasionale che l’ha lasciata sporca, appiccicosa e un po’ – ma non troppo – preoccupata di eventuali conseguenze. Pina, un po’ schifata, ha forse solo sfrenato il suo corpo nei balli orgiastici del Dioniso di plastica dei nostri giorni.

I loro dialoghi sono sfoghi violenti, confessioni e grida disperate d’amore rivolti soprattutto a chi avrebbe dovuto dar loro affetto, protezione e aiuto.

Padri, madri, forse anche fratelli o sorelle. Padri e madri che hanno avuto senza sentirli, che non c’erano mai nei momenti topici della loro esistenza, del loro sesso – il sesso crudo e crudele della donna, delle loro più dolorose piaghe psichiche e morali. Sono due donne o una sola? O vogliono diventarlo? Ma non abbiamo tutti il nostro doppio (se uno solo basta)? Non voglio parlare oltre dello svolgersi del dramma, chè vale la pena vederlo.

L’INTERPRETAZIONE

Voglio dire invece della travolgente vitalità di Lucy che si riflette e si fonde con l’appassionata e schiva espressività di Pina. Non sono casuali e fortunate coincidenze delle personali caratteristiche di Valentina D’Andrea e Flavia De Lipsis ma l’impegno, la disciplina e la bravura di due ottime giovani attrici che si integrano magnificamente e senza sforzo apparente. E così la loro sintonia, naturale, organica ed armonica. Ma attenzione, sono vecchio e mi piace ogni tanto ricordare che disciplina viene da ”discere”, studiare, imparare. Insomma faticare.

I RIFERIMENTI

Non so perché ma in questo lavoro di Valentina ho visto dei riferimenti all’eterna angoscia ed all’eterno coraggio di Antigone – e di Ismene – del loro vivere oggi.

Ho visto due donne-ragazze senza affetti di padri, madri, fratelli, ieri abbandonate e rinchiuse vergini nel tempio, oggi apparentemente libere ma sole, lasciate a sfrenare sesso in discoteca. Ho visto padri sempre ciechi o accecati e madri preoccupate dei loro personali destini e fratelli che lottano e si uccidono magari, ma non per loro.

Eppure loro li cercano e li invocano – con lo strazio del grido disperato di Lucy che mostra il suo sesso e la dolorosissima sofferenza di Pina – ma restano sole nel buio grigio delle notti inutili ed uguali.

Ritornano al mare, al loro mare, finalmente, e mi piace immaginare che si ritrovino nella bella immagine di Jose Ortega Y Gasset : “ …la vita in sé stessa è sempre un naufragio…naufragare non è affogare. Il movimento delle braccia con il quale essa reagisce alla perdizione è la cultura….”.