GRANDE ELA GUERRA !

IL PRIMO CAPITOLO FRA PARENTESI

di Nunzio Seminara

 

Il tema che qui si percorre nel filone della nostra Prima Guerra Mondiale, “Grande è la Guerra”, già nella sua intitolazione postula l’aggettivo come preminente rispetto al sostantivo, proprio perché si cerca di rappresentare il grande cantiere dell’architettura della Storia, nei singoli elementi costruttivi e negli archetipi che la narrano. Perché “Grande” è l’intorno culturale di quegli anni,quando nasce la seconda rivoluzione industriale, sempre più strumento essenziale della politica, e si moltiplicano in successione i fermenti del mondo delle arti, della filosofia fino ad approdare agli anni del secolo appena passato, sconvolto dallo scontro devastante fra le ideologie che si sostituiscono al governo dei Paesi.

 

Per ora, si fa un brevissimo accenno a quel cantiere ed ai suoi primi contorni, quando la politica stessa viene sopraffatta da avvenimenti non previsti che inesorabilmente diventano cardini della Storia. Nel “recinto” di questo primo capitolo.

E lo spunto viene da un nome che ha segnato quei “cent’anni fa”, Giovanni Giolitti, plurimo primo ministro nell’arco di quasi 30 anni (cinque volte, in fasi alterne, dal 1892 al 1920).

 

APERTA PARENTESI

Nella guerra di Libia (29 settembre 1911 – 18 ottobre 1912) furono adottate alcune innovazioni tecnologiche: non solo l’uso di motociclette, le SIAMT, decisive per gli spostamenti veloci anche su terreno sabbioso e perciò in dotazione ai Bersaglieri; la FIAT Tipo 2 (modello “antico” che con la precedente FIAT Tipo 1 era antesignana degli attuali modelli Tipo della casa automobilistica torinese degli Agnelli, oggi FCA).

 

 

La Fiat Tipo 2 : c’era già la “Tipo”, ed era la 2…..

 

Si progettavano i primi aerei per lancio di bombe, secondo la teoria del Col. dei Bersaglieri Giulio Douhet, passato poi nei Bersaglieri Aviatori e quindi nel Genio, che non fu ritenuta utile dal Capo di Stato Maggiore Alberto Pollio in quella prima guerra “lampo” in Libia, per l’appunto “la prima” di cent’anni fa….., quando la realizzazione di aeroporti su terreni in prevalenza sabbiosi e dei relativi manufatti di assistenza tecnica e di ricovero per i mezzi impiegati  per le officine di supporto avrebbe rallentato quel “lampo” di guerra che era il vero tempo di quell’intervento, come almeno prefigurava la scelta politica di quegli anni. In verità Alberto Pollio guardava con favore un eventuale coinvolgimento dei primi aerei nelle tattiche per il fattivo sostegno che avrebbero avutole truppe di terra, mentre il Gen. Luigi Cadorna, che succedette a Pollio alla guida dell’Esercito, non ne manifestava lo stesso apprezzamento, fino ad ostacolare la stessa carriera di DouhetPerò c’è da dire che Cadorna, molto spigoloso nella valutazione degli ufficiali,in questo caso era forse spinto dalla sua non controllata avversione verso Pollio, che gli aveva “soffiato” il posto quando nel 2008 gli fu prescelto come Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.

Infatti molto si avvalse dell’uso militare degli aerei in zona di operazioni el periodo del suo “Comando Supremodal ’15 al ’17.

 

Il Bersagliere Giulio Dohuet

 

Douhet è ancora oggi un caposaldo nell’Arma dell’Aeronautica, tant’è che recentemente,nel 2006, è stato dato il nome della Scuola Militare dell’Aeronautica di Firenze.

La tecnica ebbe un ruolo determinante nelle strategie delle guerre proprio a partire da quegli anni in specie con l’industria pesante che si affacciava alla ribalta,dai cannoni, alle navi corazzate, alle linee ferrate usate per il trasporto veloce di uomini e mezzi militari.

 

Fabbrica di cannoni

 

Ma si approntava a sperimentare anche per il sorgente sistema di radiotelecomunicazioni da campo che l’Arma del Genio adottò con lungimiranza. Qui si registrano le prime sperimentazioni del Cap. Sacco coadiuvato daun certo” Guglielmo Marconi.

Un Bersagliere, Guglielmo Marconi e il Cap. Sacco

 

 

Sulla guerra in Libia, per la quale sarebbe il caso di aggiungeree successive modifiche e integrazioni”, si cita un puntuale commento di Franco Cardini e Sergio Valzania in un saggio recentemente edito (“La scintilla”, Ed. Mondadori – collana Le Scie),dove si attribuisce a Giovanni Giolitti l’origine dei fatti internazionali che portarono all’attentato di Sarajevo e quindi all’esplosione della Grande Guerra.

Senza entrare nel contenuto del libro, che merita una lettura attenta per l’esposizione su vasta scala che non si esaurisce alla Storia di quegli anni,l’intervento in Libia, caparbiamente voluto dall’uomo politico italiano,promosse le premesse della primo conflitto mondiale, il più grande fino allora nell’Europa che in effetti era l’ombelico del mondo. L’inizio del grande botto della Grande Guerra si ebbe dai deserti libici alla Tripolitania ed alla Cirenaica si trattò del primo scopo, l’Italia colonizzante, quindiproseguì impegnandole nostre truppe contro l’Impero Ottomano, avrebbe avuto l’effetto di alleggerire la sua pressione nei Balcani verso l’Albania,e perciò verso la Serbia che si voltava a nord con l’ambizione di diventare “Grande”,per questo preoccupando gli Austro-Ungarici. E se da un lato si faceva un favore alle destre, da sempre antiaustriache, nello stesso tempo si avvalorava quel trattato di Triplice Alleanza che l’Italia aveva sottoscritto con gli Imperi Centrali da quasi trent’anni (1882), riconfermato altre 5 volte (l’ultima risaliva al 1902).

La politica del doppio binario di sempre!

 

 

 

Si pensava che in Libia si dovesse procedere ad unaGuerra “lampo.Ma “il lampo”, come accennato, fu nelle premesse, perché le ragioni “sul campo della politica giolittiana aprì al disegno politico di ben più vasta scala,allungando il passo verso il proseguimento della guerra. Quel passo fu breve. Breve nel senso che lo spiegamento di truppe di 22.000 uomini crebbe al numero di 35.000 fino a94.000 nel 1912. Questo aumento di truppe fu considerato un grande errore di valutazione del nostro Stato Maggiore (Gen. Pollio) ed oggi è ancora motivo di commenti da parte di molti storici.Ma l’aumento di risorse e di mezzi della macchina militare era dovuto al superamento della guerra in Libia che, scintilla dellaGrande Guerra, divenne il primo step di un percorso che portava l’intera Europa all’inesorabile appuntamento con la Storia. Né la politica nostrana, né tanto meno i militari potevano supporlo.

Napoli – Allievi della Nunziatella ai primi del ‘900

In addestramento

Quanti partiranno al fronte e quanti torneranno?

 

Ma se tutto fa brodo per trovare i motivi della guerra (n.d.r.: da che mondo è mondo….!), tutto fa brodo quando la guerra non va bene per i posteri, quando è troppo facile, spesso, scaricarne le responsabilità alla conduzione dei militari.

La guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai militari”, celebre aforisma che è attribuito Charles-Maurice di Talleyrand-Périgord (invero si dice che fu un’espressione del suo segretario),ripreso da troppi politici e/o opinionisti improvvisati, ma che forse dovrebbe essere riscritto con un “viceversa” per chi, molte volte a torto, lo cita con superficialità o comunque per far parte del coro antimilitarista.

Un coro di cui i militari stessi fanno parte: meglio non scoprirsi per non inimicarsi qualcuno che poi potrà influire sulle carriere.

 

Morale: l’appuntamento scattò a Sarajevo il 29 giugno del 1914 con l’attentato all’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria-Ungheria e a sua moglie Sofia. Grandi apprensioni internazionali per la ferma protesta dell’Austria, inutilmente sanate dalle disponibilità serbe di garantire l’Austria in inchieste rigorose contro le frange “patriottico-terroristiche”, perché le pretese austriache di inviare propri gendarmi per coordinare le indagini per trovare i colpevoli furono, giustamente, rifiutate dalla Serbia.

 

E nacque il finimondo.

 

Quei territori montuosi favorirono le guerre di posizione nelle trincee, con il logoramento degli attacchi e dei contrattacchi con il supporto preliminare delle artiglierie leggere e pesanti fino allo scontro finale. Tattica in verità adottata, forse, per la prima volta in modo totale e perciò ancor più sconosciuta e adottata da tutti gli Stati Maggiori militari sui fronti europei che negli studi degli Stati Maggiori sembravano prediligere la guerra di posizione. Di logoramento e del contrattacco finale.

Il resto è quello che riempie libri, dibattiti, concioni, storie nella Grande Storia militare.

Parole dette e scritte, che sorvolano spesso sui fatti non chiariti.

Non ultimo il buco che si apre tra il 28 e il 30 giugno del 1914 sulle le ultime ore del Capo di Stato Maggiore italiano, Alberto Pollio.Bucoche merita una riflessione molto attenta.

 

Illuminante è il saggio di Giovanni D’Angelo, La strana morte del Tenente Generale Alberto Pollio”, pubblicato da Gino Rossato Editore – Ano 2000.

L’autore, appassionato studioso di storia e di letteratura, ha dedicato ben 13 anni per raccogliere notizie in una corposa ricerca, sollecitato dal ritrovamento casuale, fra documenti di famiglia,di un diario redatto elegantemente, come fosse una tesi di laurea, dallo zio Vincenzo Traianello, avente come titolo Il Tenente Generale Alberto Pollio. XXI aprile MDCCCLII – 1° luglio MCMXIV”.

Erano le memorie dello zio sulla esperienza di “assistente” del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Alberto Pollio, negli ultimi due giorni di giugno del 1914.

 

 

 

Il Generale Alberto Pollio

 

Giorni che furono il preludio della Grande Guerra Europea, quando i lumid ella Storia vennero accesi sul continente dall’attentato di Sarajevo, evento addirittura, einspiegabilmente!,appena sorvolato nelle garbate e personali conversazioni avute da Traniello con il Gen. Pollio, che pur era il massimo responsabile dell’EsercitoItaliano e perciò direttamente interessato alle vicende internazionali di tale natura, e che lesse la notizia, secondo il rapporto di Traniello,sui giornali mentre era sul treno diretto a Torino,senza soffermarsi troppo, sorvolandola quasi con indifferenza.

 

Pollio durante una serie di esercitazioni che praticamente servivano a “collaudi” di nuovi mortai pesanti, dopo aver consumato un pasto frugale (brodo e trota lessa), fu preso da una intensa sudorazione.

Da qui le controverse fasi minuziosamente descritte nel “rapporto Traniello”che si succedonil 28 e 29 giugno di quel 1914,vigilia della sua “strana morte.

Pollio, rientrato in albergo prima del previsto e poco prima di aver allontanato Traniello per un incarico,ebbe una visita di soccorso urgente da parte del dottoCarlo Quadrone, medico curante di famiglia del Tenente Giraudie che,l’anno precedente aveva già visitato il Generale, come affermato dallo stesso Pollio a Traniello, per un semplice raffreddore. Nell’occasione il professionista fu accompagnato dal giovane ufficiale in auto militare. In quella prima visita, necessaria per verificare l’insorgenza dello stato febbrile improvviso, tra l’altro accompagnato da sudorazione, il dottor Quadrone diagnosticò che l’indisposizione era dovuta ad unimbarazzo gastrico, avrebbe disposto alGenerale di bere un litro di latte e di assumere un purgante in bustine lassative(quali?, ma latte e purganti si somministrano a sofferenti di “imbarazzi gastrici”?, oppure non si trattava di un purgante ma di febbrifugo, visto che il generale lamentava una febbre di 38,2°?, e come mai l’ “imbarazzo gastrico” era stato diagnosticato a Pollio pur avendo mangiato a pranzo un po’ di brodo e una trota lessata?).

 

Inoltre, sempre il dottor Quadrone, durante la visita di urgenza del giorno dopo, il 29 giugno, sollecitata da Pollio stesso perché sentiva “un peso sullo stomaco” (effetti delle cure strane della diagnosi del giorno prima?), chiese a Traniello di andare ad acquistare una siringa Pravaz, quando, appena giunto in albergo, sempre accompagnato dal Tenente Giraudistavolta in auto non militare (ma il Presidio Militare non assisteva logisticamente il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito?, in specie nel suo stato di indisposizione di cui non poteva non essere informato dal Tenente Giraudi?, o non era stato informato?), aveva detto di avere con sé tutto il necessario per fare iniezioni!

 

Non fu dato di sapere quante fiale di oppiaceo, il pantòmon, sarebbero state somministrate al paziente durante l’assenza di Traniello (considerazione d’obbligo ripensando al procedere di quelle visite sanitarie: una seconda fiale avrebbe potuto provocare una crisi cardiaca e la siringa Pravaz avrebbe potuto contenerne addirittura fino a cinque), quindi la successiva iniezione di antidolorifico per attenuare i “disturbi gastrici”, l’olio canforato, effettuata per l’appunto e proprio con la siringa Pravaz acquistata da Traniello…,avrebbe potuto “coprire” sia l’eccitazione di una crisi cardiaca sia la condotta del medico, che forse avrebbe inteso lenire quel supposto imbarazzo intestinale dopo aver somministrato il pantòmon.

 

Altre considerazioni sconcertanti sulla dinamica di quelle ultime ore di Pollio (abbastanza inquietante la figura di una cameriera d’albergo che “gironzolava” di notte per fare capoccella alla porta socchiusa della camera 19 di quel secondo piano!) non lascerebbero molti dubbi ad una tesi che porterebbe a non escludere il sospetto di una decesso programmato a tavolino.

Perché un’ipotesi così forte? Gli accenni fatti dall’autore del saggio che fanno supporre a presunti comportamenti di scarsa attenzione delRe e del Governo che tendevano a marginalizzare il tenace triplicista Pollio, nonostante il rinnovo nel 1912 dell’alleanza con gli Imperi Germanico ed Austro-Ungarico e le recenti promesse informali di un imminente conferma,il sesto rinnovo, si sentiva un po’ escluso dalle iniziative politiche. E potrebbe anche aver fatto qualche passo avventato(o malevolmente così interpretato?) nei suoi rapporti con lo Stato Maggiore austriaco. Forse anche non grave, ma certamente utilmente compromettente per una sua defenestrazione perché era diventando scomodo per successivi disegni politici e militari che non vedevano più di buon occhio la Triplice Intesa. Gda qualche tempo prima.

Lo spunto non trascurabile: un rapporto dell’Istituto di Informazioni “Lucifer”, probabilmente un nome di copertura di un ufficio investigativo dell’Arma dei Carabinieri Reali, riporta una informativa di quei giorni antecedenti la morte di Pollio: ma è abbastanza postumo perché datato 12 novembre 1917 e consegnato, certamente a chi di dovere che non si sa chi fosse cinque giorni dopo, il 19 novembre e quindi protocollato da chi doveva averne preso visione il giorno 27 successivo. Ben quindici giorni dopo. Perché tanto ritardo nel trasmettere una importantissima ipotesi investigativa di cui non si conosce la modalità del recepimento della stessa?, da chi è stata fornita?, perché scovata e messa a disposizione solo dal D’Angelo e non dagli esperti storici militari?, può essere almeno valutata un’ipotesi non proprio assurda di “strana morte” collegata ad un “movente” che “potrebbe” attribuire al “difetto di fedeltà” quel decesso “programmato a tavolino”?

 

E forse, non a caso,la conoscenza del dottor Quadrone, promossa l’anno prima proprio dal Tenente Giraudi per illeggero raffreddore, avrebbe potuto precludere all’operazione sofisticata che il Giraudi e il Quadrone avrebbero condotto nell’albergo Turin dove il Generale Pollio sarebe stato convinto e preparato alla “dolce morte”, che gli avrebbe evitato le conseguenze di un “alto tradimento”? Sarebbero stati convincimenti plausibili o precostruiti?

Mentre in quelle ultime ore fra il 28 e il 29 giugno, alcuni accenni ad un cifrario lasciato a Roma e ad un telegramma che Pollio avrebbe inviato “non si sa a chi”, con un cifrario recuperato all’ultimo momento tramite il Tenente Giraudi potrebbero suffragare con maggiori ombre la vera storia di quella “strana morte”.Non escludendo fra le altre perplessità la presenza non giustificata, fra la sera del 30 giugno e la mattina del giorno successivo, all’alba si direbbe perché alle 7,45, poche decine di minuti della morte di Pollio, del Ten. Gen. Briccola, Ufficiale non molto apprezzato da Pollio.

 

Come per altro verso Traniello, sempre più preciso e rigoroso, non annota la presenza di Ufficiali del Presidio all’albergo Turin, quasi fosse un evento non particolarmente rilevante.

Come se tutto il quadro di quei tre giorni avesse avuto una regìa preordinata e, allo stato, la documentazione trascritta da Traniello e pubblicata nel libro di D’Angelo ad oggi non è stata ancora confutata da nessuno con argomentazioni altrettanto precise.

 

 

Roma, Cimitero Monumentale del Verano, Pincetto Nuovo

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Tomba “AL GENERALE ALBERTO POLLIO”

 

Alberto Pollio, era un triplicista convinto. Senza tentennamenti. Sua moglie era una baronessa austriaca. Aveva ricoperto incarico di addetto militare a Vienna con successiva sede anche a Belgrado, era ben conosciuto dai vertici militari austriaci e tedeschi. Eppoi, vivevano con lui e la moglie, anche i cognati, una sorella di lei ed il fratello, Alfredo Gormaz, ufficiale della riserva della milizia territoriale.  

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Alfredo Gormasz, cognato di Pollio, sepolto nella stessa tomba

Circostanze che stimolavano indizi per un’attenzione assidua nei confronti del Generale da parte degli organi di informazione riservati. 

Le ricerche di Giovanni D’Angelo, solleticate da molti dettagli non casuali riportati da Traniello, sono state condotte con grandissima puntigliosità e professionalità, con metodo rigoroso e scevro da condizionamenti che sembra siano stati volutamente ignorati dai tecnici della Storia, che spesso si concentrano solo sui nomi di Cadorna, sui luoghi di Caporetto del Piave e di Vittorio Veneto, delle trincee, del sangue e delle decimazioni per le diserzioni (eseguite presso anche dagli altri eserciti “in lizza”). Sulle “figurine” della Storia.

L’evolversi degli avvenimenti di quegli anniesposti nel saggio di D’Angelo potrebbe essere non direttamente collegate alla “strana morte del Generale Pollio. Ma la colorano di interrogativi senza risposte con argomenti altrettanto precisi e non la marginalizzano.

 

La politica internazionaleitaliana si distingueva in due schieramenti: uno appoggiava la Francia e l’Inghilterra e l’altro gli Imperi Centrali di Germania e l’Austro ungarico. Gli attriti coinvolgevano le politiche interne dei Paesi.

Ledivergenze fra i due “schieramenti” si rispecchiavano fra i Generali nelle loro strategie: da una parte quelli che avevanonel Duca Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta,il famosoDuca Invitto della 3^ Armata, francofilo,e dal Gen. Luigi Cadorna,dal punto di vista militare il più accreditato, che autonomo ed integerrimo poneva il Comando Supremo militare unico anche davanti al Re, dall’altra i triplicisti che in Pollio avevano il riferimento di maggiore spicco.

 

Una vignetta del tempo che rappresentava Germania e Austria

che portano per mano l’Italia distaccandola dai galletti francesi

 

Sarajevo fu il momento della decisione storica.

Pollio non era “utile” ello scontro nascente che, al di là delle posizioni politiche interne dei futuri paesi belligeranti, riguardava i grandi Imperi autocratici da una parte, e Francia e Inghilterra dall’altra, paesi in cui avanzava con maggiore autorevolezza l’ordinamento democratico dei governi.

 

Senza più l’ingombrante Pollio e con la nomina di Cadorna a Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, in Italia si delineò per pochi mesi un periodo di transizione che fece maturare nel maggio del 1915 l’entrata in guerra contro l’ImperoAustrio-Ungarico e la Germania,che già dieci mesi prima, a fine luglio del 1914, avevano cominciato le danze di morte controla Franciae l’Inghilterra.

 

Osservazioni un po’ blasfeme.

 

La prima stesura del rapporto del Ten. Col. Traniello, non compare in nessun archivio, che ragionevolmente,per la circostanza particolare, avrebbe dovuto essere redattonon oltre i primissimi giorni di luglio, immediatamente successivi alla morte di Pollio.

“Lamemoria”del Ten. Col. Traniello, ritrovata casualmente da Giovanni D’Angelo, porta la data del 22 luglio 1914, in veritàin un tempo troppo lontano dalla “strana morte” di Pollio, un “silenzio” documentale di ben 22 giorni: fu cestinata la prima relazione e fu richiesta un’altra stesura?

Traniello fu promosso Colonnello e rimosso dall’Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito in attesa di altra destinazione, il 14 luglio, otto giorni prima della sua redazione del suo rapporto, quello ufficiale. Già,romoveatur ut promoveatur. E varrebbe dire ex ante!

 

Nel mese di novembre, Traniello scrisse una ulteriore precisazione da allegare alla sua relazione, quasi un appendice in risposta ad unaspecifica richiesta sollecitata, pare, dalla Corte dei Conti (verifica necessaria,sembrerebbe, per valutare somme da destinare alla famiglia di Pollio: perché?,la morte strana incuriosiva anche chi avrebbe dovuto comunqueassegnare somme di “fine rapporto e della pensione di reversibilità per la moglie, perché “la fine” era strana?).

Tutti, sembrerebbe, non si domandavano cosa avesse fattoPollio nei suoi ultimi giorni, interrogativo decisamente importante per la carica che rivestivamentre l’attentato di Sarajevo, importantissimo per gli equilibri europei, costituiva un momento di svolta politico-militare nelleultime ore di Pollio. E che logicamente interessava i fronti contrapposti fra anglofrancofilie triplicisti. Ma sembrava che si volesse sapere piuttosto comefosse morto!

E soprattutto fino a che punto sapeva chinon poteva non sapere, Traniello, per essere stato assiduamente vicino a lui in quelle ore?

In questa appendice del novembre1917 Tranielloesalta senza remore il Gen. Pollio, e non si può dire chedalla motivazione di tale cambiamento di linguaggio, che era stato sempre assai cauto e senza commenti di sorta, non traspaiaunevidente disappunto verso quella strana morte, della quale era stato un testimone attento e preciso nelle descrizioni di fatti e di incontri minuziosamente riportati nelle sue relazioni. Quasi uno sfogo liberatorio per far capire a chi leggeva che qualunque fossero i difetti di Pollio la sua morte era stata non improvvisa e non casuale.

 

E proprio nel luglio del 1914 maturavail gran salto di Armando Diaz, Capo di Segreteria di Pollionello Stato Maggiore nel 1895-96 e poi ancora dal 1912, dopo la guerra in Libia, proiettato verso una carriera che Traniello forse neanche pensava fosse così veloce e prestigiosa, fino a raggiungere la sedia che era stata di Pollio.

Infatti el novembre del 1917, al tempo del “subito dopo Caporetto”, il Gen. Armando Diaz subentrò a Cadornaalla guida dell’Esercito, dopo aver percorso, in appena treanni, 3-4 gradi di Generale(Maggiore Generale, Generale di Divisione, Tenente Generale, Generale d’Armata), e d’un tratto compare il rapporto “Lucifergià citato, che rivelainterpretazioni assai gravi di una supposta diffusione di documenti riservati attribuita a persone vicine alla famiglia di Pollio, cioè a Pollio stesso. Ma, caso strano,erano informazioni riservate raccoltemolto tempo prima, ancor prima della sua morte. Perché vengono riportate in un “rapporto” compilato e quindi protocollato oltre tre anni dopo e finora non divulgato se non da D’Angelo?

Quasi un punto fermo nel corollario di indiscrezioni segrete e secretate fino ai giorni nostri.

Per l’appunto siamo a novembre del 1917. Subito dopo Caporetto. Quando, rimosso

Cadorna,occorreva raddrizzare le sorti di una guerra dolorosa per il sangue versato e da versare ancora, fu affidata la guida dell’Esercito a persona di assoluta e di incontestabile fiducia.Non doveva essere coinvolto dai venti dei contrasti che soffiavano prima dei venti di guerra.

 

 

CHIUSA PARENTESI

 

Tutto qui, riassunto nei concetti più importanti che, secondo questa lettura, possono chiarire la nostra Grande Guerra,dalla “scintilla” della guerra in Libia, con le “successive modifiche e integrazioni” della politica di Giolitti, alla morte di Pollio.

Quasi una metafora, inizio e fine in uno stesso capitolo narrato fra parentesi, prima ancora di guerreggiare dal Carso, al Grappa, dall’Isonzo al Piave e Vittorio Veneto.

EAlberto Pollio ed il suo decesso strano ed opportuno, scavanoquel buco della Storia non ancora colmato, ma che si vuole ignorare.

 

Ultima blasfemìa, forse.

 

Un “lampo” di carriera,quella di Diaz, più lenta però di Pietro Badoglio, che dalla fine di agosto del 1916 alla fine del 1917,la percorreda Maggiore Generale a Tenente Generale,fino a diventareSottocapo di Stato Maggioredell’Esercito,affiancando in stranacoabitazioneil Ten. Gen. Gaetano Giardinoche già era stato insediato in quella carica (due Generali con la stessa funzione?), cioè:ipoco più di un annoda Colonnello a Vice Comandatedi Diaz. Stranamente, dalla polvere di Caporettoall’acqua del Piave. Ma questa è un’altrastrana storia. Anzi no, forse è la stessa Storia.

 

Se, come citato, i lumi della Storia si accesero tragicamente a Sarajevo, quei lumi dovrebbero riaccendersi su quel buco, discutibilmente archiviatosoprattutto da tanti storici militari,non solo da quelli della Politica. Per la lettura di quei giorni. E dioggi.

 

 

“Il Corriere della Sera”

Domenica 31 maggio 2015

Nessun complotto

Caro Romano, nella rievocazione delle vicende che precorsero l’intervento italiano nella Grande Guerra ho colto qualche allusione all’improvvisa morte del generale Alberto Pollio, che ricopriva il ruolo di capo di Stato maggiore dell’esercito. Era sincero alleato alle potenze centrali Germania ed Austria e la sua improvvisa sparizione alterò l’equilibrio a vantaggio dell’Intesa. Il complotto ai suoi danni non viene accettato universalmente ma serpeggia ancora. Qual è la sua opinione?

Eluterio Pispoli, eluterio.pispoli@tiscali.it

Che la tesi del complotto continuerà a serpeggiare fino a quando i lettori di storia preferiranno la fantasia alla realtà.

 

Evidentemente Giovanni D’Angelo, frugando negli archivi militari e documentandosi in ricerche storiche nelle biblioteche, ha fantasticato per 13 anni.

Occorre leggere la vera Storia.

Di chi?

 

Nota finale con prezzemolo: Alberto Pollio entrò nella Nunziatella nel 1860 e Vincenzo Traniello undici anni dopo.