MURICCHIO e il moschetto ’91

di Marcello Vaccarino

Ex Allievo della Teulié

 

PREMESSA DELLA REDAZIONE: l’inventiva e l’improvvisazione non mancavano (e non mancano?) agli Allievi della Nunziatella. Infatti, Giuseppe Ferrarelli, nel suo libro che riporta notizie e storia di Ex Allievi nel centenario della fondazione, edizione a cura di Sandro Castronuovo e Giuseppe Catenacci, Napoli 1987), così scriveva (pag. 51):

…………..Il colonnello di artiglieria Vincenzo Afan de Rivera(1836), fu ufficiale di rara dottrina e di rara modestia ed ebbe carattere austero e nobilissimo. Fu l’anima della difesa di Gaeta nel 1860-64; durante la quale, approfittando che le granate da 16 (12 cent.) dell’assediante avrebbero potuto essere sparate dal cannone napoletano da 12 cent. Di bronzo, se rigato, ideò e fece costruire una macchina con la quale – non ostante i scarsi mezzi di cui disponeva rigò i cannoni lisci da 12 della piazza. Faceva poi raccogliere quei proietti di tale calibro che, scagliati dall’assediante, non scoppiavano, li faceva ricaricare, munire di spoletta (riaccomodando alla meglio le alette), e poi li faceva distribuire alle varie batterie. Quella macchina fu ammirata dopo la resa della piazza dai generali Cavallì, Valfré e Mattei. ………” (n.d.r.: generali piemontesi)

 

Da quanto si legge il fucile 91, simbolo del soldato italiano a partire dalla Grande Guerra, annovera fra i suoi inventori un tale Vincenzo Muricchio. Si è scritto e riscritto su questa presunta paternità; articoli e smentite, accuse, interviste e chiarimenti hanno portato l’argomento sulle pagine delle testate giornalistiche dal 1958 in poi. La faccenda non è per nulla semplice e non si vuole certo risolverla in un paio di colonne, ma a me basterà gettare alcuni spunti per le vostre future riflessioni.

Ma credo sia importante riflettere sull’arma “91”, che tante generazioni di militari di ogni arma ha avuto, prima o poi, il fucile ’91 fra le mani.

E lo spunto viene proprio dalla lettura, quasi svogliata, di una pubblicazione dei “cugini” di Napoli, “NUNZIATELLA”, in cui le parole di “scuderia cameratesca” di Giuseppe Catenacci, che a Napoli è noto storico e raccoglitore di notizie appassionate sulla sua Nunziatella. Emi accodo alle parole comparse su pizzofalcone.it per cercare di verificare “il tiro” su un quesito ancora non risolto.

Allora, l’arma con cui cadde il sergente del 12° Reggimento Bersaglieri, Giuseppe Carli, prima medaglia d’oro al valor militare della 1 GM, il ’91 cosiddetto, ritrovato di tecnica, potenza bellica e rispondente alle esigenze operative del tempo, è stata ideata, sviluppata e prodotta grazie alle conoscenze di un novero di esperti fra i quali spunta l’ex allievo Vincenzo Muricchio.

Che non sia lui il solo inventore ce lo dice con parole molto chiare quando si definisce “l’ultimo superstite di un gruppo di militari che studiarono il problema e lo risolsero in maniera abbastanza soddisfacente”. Bisogna certamente riflettere sulla tematica e non sminuire la vicenda ad una semplice ricerca di chi ha “inventato un’arma”. Lo studio dei materiali, il loro reperimento, utilizzo e distribuzione, la tecnica di costruzione, ma anche il rivestimento dei proiettili, la balistica, il passo della canna, sono solo alcuni dettagli fondamentali che concorrono alla definizione di un progetto-arma.

Pertanto, nell’Italia di fine ‘800, con agguerrite battaglie di brevetti e solleciti continui per avere armi più leggere (adagio del soldato, attuale persino ai nostri giorni), dove il lavoro di un tecnico austriaco Ferdinand von Mannlicher darà il via ad innumerevoli modelli di fucili che utilizzano il suo serbatoio “en bloc” (identificandoli appunto Mannlicher), si svolgono le vicende della carriera militare del Generale Vincenzo Muricchio e della creazione del moschetto ‘91.

L’ex allievo, nativo della provincia di Campobasso, frequenta l’allora “Collegio Militare di Napoli”, cioè la Nunziatella, negli anni 1873-1878, conoscitore esperto di ogni arma, dalla rivoltella ai grossi cannoni da fortezza, matura la sua passione per la tecnica nella costruzioni delle stesse solo a seguito di un evento luttuoso: nel gennaio del 1887, durante la battaglia di Dogali, strage di una colonna di truppe coloniali italiane ad opera dell’orda abissina, morì, fra gli altri, l’ex allievo Giovanni Tirone, paricorso del Muricchio. Nelle parole del generale De Cristoforis, fra gli ammonimenti per i giovani allievi nel sacrario della Nunziatella, ci sono aspri riferimenti al peso delle armi, in quel periodo in dotazione alle truppe italiane, ed allo scarso munizionamento. Sì perché, il calibro in uso (10,35 mm del fucile Vetterli-Vitali 1870/87) permetteva un carico massimo per soldato di 40-60 cartucce, una dotazione troppo ingombrante e poco funzionale, risultata fatale a Dogali. L’ex allievo Muricchio, ai tempi di stanza a Forlì, prese a cuore la problematica ed iniziò gli studi grazie ai quali, con il successivo suo incarico presso l’Officina Militare Pirotecnica di Bologna, lo Stato Maggiore dell’Esercito ad adotterà il fucile’91.

Corridoio armi nella Nunziatella, intorno agli anni 1930

L’esigenza di un più piccolo calibro era comune a tutti gli eserciti delle potenze europee e mondiali che intendevano rinnovare il parco armi vecchio di almeno due decenni. Inoltre, dalla seconda metà del secolo XVIII, si giunse ad importantissimi successi nella progressione tecnologica delle armi da sparo: in breve tempo si passò dall’avancarica alla retrocarica, dall’uso della polvere nera a quello della polvere senza fumo, si arrivò all’utilizzo delle cartucce a percussione centrale Boxer e Berdan. Tutto ciò comportò la disponibilità di nuovi approcci per la risoluzione delle criticità riscontrate. Lo Stato Maggiore del Regio Esercito, nel 1888, bandì un concorso per la creazione di un nuovo fucile. Ad esso vi parteciparono numerosi concorrenti, inventori d’armi italiani e stranieri e fabbriche d’armi italiane, e il risultato fu un connubio delle migliori tecniche costruttive del tempo. Il moschetto ’91 raccoglie questi ritrovati tecnici e grazie a questo intreccio di collaborazioni diviene l’arma compagna di trincea nelle guerre mondiali. Dall’austriaco Mannlicher deriva l’utilizzo del serbatoio, da Salvatore Carcano, sviluppatore del progetto insieme al Generale Parravicino, deriva lo studio sull’otturatore girevole scorrevole e della costruzione delle canne.

Vincenzo Muricchio,nell’ambito della medesima ricerca volta a munizioni più leggere, si occupò di perfezionare i sistemi di controllo dei bossoli prodotti, mediante l’utilizzo di riflettori parabolici che permettevano di scorgere anche le minime imperfezioni, pericolose vista la potenza dirompente della neo introdotta balistite. A lui si deve inoltre lo studio sulle vecchie carabine della prima metà ‘800 con rigatura progressiva. Le stesse permettevano una minore usura della parte iniziale della canna maggiormente sollecitata all’atto dell’innesco della balistite.

Il mod. ’91, costruito intorno alla munizione 6,5X52 mm, introdusse per la prima volta nelle armi a retrocarica, il ritrovato concetto di rigatura progressiva: 4 rigature elicoidali destrorse progressive che riducono il passo tra la culatta e il vivo di volata. Si ottiene così una maggiore resistenza sia delle canne che della camiciatura delle ogive. Le alte sollecitazioni producevano comunque pesanti usure della parte terminale della canna, ragion per cui, molti fucili ’91 vennero successivamente ritirati e, a seguito del taglio della canna, riadattati a fucili per la Cavalleria e per le Truppe Speciali.

Ma, comeriporta il “pezzo” dal quale è stato preso lo spunto per parlare del ‘91, risulterebbe che per una circostanza fortuita, durante un’avventura “galante” svoltasi a Bologna, il trentenne Muricchio s’imbatté in un artigiano che in una bottega di restauro di metalli, s’avvide che la “camiciatura” di acciaio poteva essere maggiormente irrobustita da trattamenti al nichel. Si buttò con impegno in questo procedimento e……la soluzione ebbe la soddisfazione della produzione su larga scala. L’arma fu assegnata ai “primi fanti del 24 maggio del 1915. Fu un “Fante Piumato”, il Bersagliere Sergente Carli che imbracciava l’arma quando cercò di contrastare la mitragliatrice austriaca.Quel nichel era diventato oro sul petto di quel primo Eroe.

Per concludere ancora con le modeste e lapidarie parole del Generale Muricchio:

Il merito di avere ideato un’arma individuale di piccolo calibro, precisa e maneggevole, in seguito imitata da molte nazioni, non spetta a me: spetta all’Esercito Italiano”.

 

 

Ex allievo PLATONE II (2004-2007)

Ten. g. (gua.) Marcello VACCARINO