LO STRETCHING

di Marcello Vigliotta

Da un po’ di tempo, diciamo a partire dalla fine degli anni ’80, ha cominciato a diffondersi lo stretching, fino al punto di diventare più o meno indispensabile per qualsiasi tipo di attività sportiva, sia essa agonistica piuttosto che amatoriale. La traduzione letterale “allungamento” aiuta a capire di cosa si tratta. Ad esempio, quando dopo tanto tempo di scarso (quando non assente del tutto) esercizio fisico, effettuato senza aiuto di un allenatore, si decide di cominciare a fare un po’ di moto, ed il tecnico/allenatore, ci dice “mi raccomando, fai sempre un po’ di stretching prima e dopo l’allenamento” significa che bisogna fare proprio un po’ di esercizi di allungamento. In realtà, questi esercizi fanno essi stessi parte dell’allenamento. È bene sottolineare che si parlerà di stretching statico attivo, in quanto gli altri tipi di stretching oggi non vengono più utilizzati, o quasi, con l’eccezione dello stretching statico passivo, che si può fare con un aiuto, di solito l’istruttore.

Vediamo ora di capire sia il come, sia il perché. Lo stretching serve, come dice la parola stessa, ad allungare i muscoli, ma soprattutto i tendini. Queste strutture che a volte sono il punto debole del sistema, vedi infortuni tipo tendiniti, oppure rotture dei tendini (in particolare la rottura del tendine di Achille) sono poco elastiche, in realtà sono visco elastiche. Ed è proprio la carenza di fibre elastiche all’interno dei tendini uno dei fattori predisponenti ai predetti infortuni. L’allungamento dei tendini stimola la produzione di fibre elastiche al loro interno e, così, si effettua una azione di prevenzione nei confronti degli infortuni. Oltre a questo, degli studi su sportivi professionisti hanno dimostrato che l’effettuazione di esercizi di stretching aumenta il livello di performance. In alcuni casi lo stretching da preventivo diventa curativo, o quasi. La mia esperienza personale di triathleta sulle lunghe distanze con tre ernie del disco a livello lombare, è resa possibile dall’esercizio quotidiano di stretching specifico per la colonna vertebrale, la parte anatomica affetta dalle tre ernie. Logicamente lo stretching deve necessariamente far parte di una strategia più ampia, fatta anche di tante altre cose: alimentazione, preparazione atletica, massaggi sportivi, ecc. Ma anche nella vita di tutti i giorni un po’ di stretching può aiutare a prevenire, o quanto meno, alleviare piccoli problemi, fastidi e quanto altro. Come detto sopra, lo stretching specifico per la colonna vertebrale, può aiutare molto in caso di problemi tipo colpo della strega e simili, che spesso sono la punta dell’iceberg di situazioni più serie, tipo protrusioni vertebrali, o addirittura vere e proprie ernie del disco non riconosciute. Per poter diagnosticare una tale patologia, è necessario ricorrere ad un risonanza magnetica, che è un indagine diagnostica di secondo livello, laddove il primo livello è costituito dalla radiografia. Ma mentre la radiografia indaga i tessuti cosiddetti “duri” cioè fondamentalmente ossa e cartilagini, la risonanza è capace di indagare anche i tessuti “molli” quali sono i dischi intervertebrali.

Tutti gli sport possono causare dei traumi e, con lo stretching, possiamo evitare le conseguenze di detti traumi, quando non addirittura prevenirle. Per cui, come direbbe l’allenatore di cui prima, fate un po’ di stretching all’inizio ed alla fine dell’allenamento, vedrete che non è tempo perso, sottratto all’attività specifica, anzi diventa tempo guadagnato.

Esistono in rete molteplici immagini che illustrano lo stretching specifico per le singole attività e/o gruppi muscolari, piuttosto che esercizi per tutti i distretti muscolo tendinei, si stratta solamente di trovare quello più adatto alle proprie esigenze, oppure per il recupero successivo ad un infortunio, o per prevenirne la ricaduta. Mi raccomando, come sempre senza esagerare, ho letto che uno studio del Pentagono, ha dimostrato che gli atleti troppo allungati, o meglio elastici, come quelli poco elastici, sono soggetti ad un maggior numero di infortuni rispetto agli atleti nella media.

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