pizzofalcone 2019 n. 5

Sgarbi vittoriale nel sogno del Vate

fra trasgressioni e nostalgie

Al Vittoriale di Vittorio Sgarbi

“ Da ragazzo sognavo di dormire nel letto di Gabriele D’Annunzio al Vittoriale. Da uomo, l’altra notte, ho dormito nel letto del D’Annunzio odierno, Vittorio Sgarbi, in quel Vittoriale vivente, pulsante, museo tuttora abitato, che è villa Cavallini-Sgarbi a Ro Ferrarese. Lui non c’era, era a Roma, in compenso mi faceva compagnia la Marchesa Casati, una scultura di ceramica anni Venti emanante perversione.

Così le prime parole scritte da Camillo Langone su “il Foglio” del 4 maggio intitolando il pezzo “Ho dormito nel letto del D’Annunzio odierno, a villa Cavallini-Sgarbi a Ro Ferrarese”.

Cioè, l’accostamento di Sgarbi al Vate in un sogno.

Ecco, qualcosa non torna. Vittorio, qualche mese fa si lanciò “lancia in resta” contro un tale che si chiama Luigi Prestinenza Puglisi. Il tale, Architetto notissimo critico di Architettura, nella furiosa sintesi di Sgarbi : ma chi è costui?, come si permette di dire che m’ha visto a casa mia che sarebbe la copia del Vittoriale di D’Annunzio?……..eccetera, eccetera, eccetera.

Diatriba accesa dopo un progetto a Ferrara, la sua Ferrara, dove alcuni celebrati architetti, lo Studio Labics, ebbero la sfortuna di aggiudicarsi un primo posto per un progetto di cosiddetto, molto male detto e peggio scritto, “ampliamento del Palazzo dei Diamanti”.

E abbiamo già fatto i commenti. Verso incompetenti e celebrati artisti del cinema, della musica, della carta stampata, delle Istituzioni addette. Il tizio Prestinenza, ignoto a Sgarbi che si occupa di pitture, sculture, alcove, tavolate social-politiche, e che per questo ritiene di sapere di Architettura, gli rispose che l’aveva visto in una stanza di casa Sgarbi assai simile al Vittoriale del Vate. Offesa per Sgarbi: ma quando mai?, etc., etc. ?

Ecco invece che qualcuno riprende quel tema e lo riporta in un sogno. Fa persino vedere una simil-stanza di casa Sgarbi “ad uso come quando” stanza del tempio di D’Annunzio. E lo paragona al Vate di oggi.

E il novello Vate? Ci sta. Non è dato sapere se trattasi di accostamenti alle alcove dannunziane o alle prose esilaranti e affascinanti delle Muse del tempo passando sulle rive del Piave e fra lo schioppettìo delle mitraglie.

Certo no ai “barchini della beffa di Bukkari”, ma alle altre beffe dei rotocalchi.

Certo no ai voli sulle cortigianerie austroungariche viennesi lanciando “pizzini” insurrezionali.

Certo no alle marce verso Roma: bisogna tenere il passo in marcia, e troppe cose insieme non si possono fare.

Messaggio su “il Foglio” che conferma l’iperbole qui lanciata del “Vate di 100’anni dopo”. Vate superbo in tutte le avventure artistiche. Un po’ meno, molto meno, sugli aforismi architettonicamente malmescolati nel Tempio del Vittoriale, il cui custode, Giordano Bruno Guerri, ne esalta la distanza dalle ideologie imperiali del Vate custodito in un tomo “D’Annunzio sfascista” e, chissà, domani un altro custode di casa Cavallini-Sgarbi, scriverà sullo “Sgarbi vittorioso”. Questa copertina è un riconoscimento alla iperbole, mica tanto azzardata, che rivede, nel ciuffo ondeggiante e folto, oggi quasi bianco, la testa lucida del Poeta del Carnaro.

Iperbole che con mota tenerezza romantica Mimmo D’Angelo propone parlando di Agar, donna di una Bibbia che va riletta, dov’è moglie o schiava, emblema comunque di una leale onestà di sentimenti che sembra oggi persa.

Agar, schiava di Sara, la Sposa Primaria del Patriarca Abramo, fondatore del popolo dei figli di Ibrihim, o figli di Abramo, ossia degli Ebrei, guidati nella fuga verso l’Egitto attraverso il Nilo.

Sempre la Bibbia parla di un’Agar che, col permesso divino, fece nascere Ismaele figlio di Abramo perché Sara non poteva figliare.

Storie successive che risparmiamo al lettore.

Quasi un pensiero a chi oggi cerca di avere figli con l’ingegneria medica o con l’affitto di uteri. Ovvero, di chi cerca casa nel nomadismo corrente, e che ancora migra ed emigra. Chissà!

Ecco, una pagina di visioni trasgressive e surreali, un po’ nostalgica dei sentimenti dimenticati che forse aprono una finestra chiusa della Genesi.