giugno 2017

 

la nostra Repubblica è europea?

 

 

 

2 giugno, festa della Repubblica. Per la Storia siamo al referendum del 1946, quando si scelse fra monarchia e repubblica. Quante polemiche. Forse giuste e forse no. Si disse che fu “colpo di Stato”, perché “la conta” dei voti del “sì” e quelli del “no” furono, e lo sono tuttora, messi in discussione. Ma di “colpo di Stato” se ne parlò anche nel 1915, quando il “parecchio” giolittiano introdotto nella copertina di maggio, invano e con non provato acume tattico, ne esorcizzava l’esito guerresco che poi avvenne. Infatti, fu superato dall’accordo di Londra del 26 aprile 1915 con Francia e Inghilterra, sottoscritto dal Capo del Governo Antonio Salandra e dal Ministro degli Esteri Sidney Sonnino, che portò alla dichiarazione di guerra del 23 maggio e al suo inizio del giorno dopo con Austria e Ungheria in quel giorno famoso del “24 maggio” (ufficialmente con la Germania il 27 agosto dell’anno successivo). Accordo di aprile definito impropriamente “patto” e che i ministri convenuti non avrebbero potuto firmare. Quando in Italia le opinioni non erano unanimi. Affatto unanimi. Quando il Parlamento avrebbe dovuto essere informato della sottoscrizione di tale “patto” che costituiva negli effetti l’impegno dell’entrata in guerra e che restò segreto fino alla prima settimana di maggio. Che se il Re ben conosceva non ne era statmesso al corrente il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Luigi Cadorna. Mentre il Re, smanioso di arrivare a Trento e Trieste e che, dietro le quinte, era stato favorevole alla missione londinese Salandra-Sonnino, l’8 maggio aveva persino minacciato le dimissioni se non si fosse dato seguito in Parlamento all’accordo del 26 aprile, non potendo lui, costituzionalmente, affidare motu proprio a Salandra l’incarico di firmare un atto di guerra.

Ecco perché si disse che allora ci fu “colpo di Stato”, dato che quel 26 aprile fu implicitamente “un patto” per l’entrata in guerra prima della ratifica del Parlamento che, per quanto confermata a larga maggioranza,determinò comunque agitazioni sociali nel Paese, fino a determinare gravi ripercussioni sulla conduzione del conflitto.

Andò come andò.

E appena 31 anni dopo, dopo un’altra guerra, si è riparlato di “colpo di Stato”nello svolgimento del referendum del 2 giugno 1946.

E ri-andò come riandò.

venne la Repubblica che ancora è. Forse non la prima. Forse neanche la seconda, come fu chiamata a metà degli anni novanta.

E’ oggi la terza?

Comunque sia, siamo nell’Europa Unita. Nel bene e nel male, dopo tanti “accordi” che si sono succeduti negli ultimi 70 anni, qui esposti nella rapida carrellata dimaggio (l’Europa “parecchio”). Mai seguiti dalla bolla di “colpi di Stato”.

Ora la Repubblica è certificata dal marchio che la segue ovunque. La nuova Italia certificata. Quasi tutta.Dalle lavatrici alle mutande. E se la vita quotidiana della gente di strada è occupata dai “consigli per gli acquisti”, quel che resta della politica è quella estera e quella di sicurezza, detta Difesa Europea, in cantiere da oltre 30 anni e oggi non più rinviabile. L’Europa e i manifesti delle città si percepisce solo nelle certificazioni di garanzia dal 1993 con il disegno di Arthur Eisenmenger, lo stesso autore, forse, dell’EUR, ovvero l’ , il glifo che governa la moneta di un’Europa dai confini esterni ed interni ancora sfumati.

Prosegue questo mese inoltre la ricerca sulla storia intrigante di Girifalco, dove la Calabria del ‘700, in documenti “antichi”rivela angoli non ancora risolti nell’Italia di quel secolo.

Un paio di graffi di pizzing fanno sorridere, forse.