i100 giorni prima s’avvicina

MAK

 

di Ludovica Nazzaro

l’Anziana ormai, che si affaccia, quasi,

sul Cortile Piccolo, quello del

Rosso Maniero

 

…….sono ferma, al corridoio del secondo piano, affacciata a guardare il cortile Piave. Per l’ultima volta indosso la mia storica bianca con al centro, scintillante, il pollo del mio corso.

Con una mano tengo la valigia, riempita ormai solo dai libri di un esame appena finito; nell’altra, stretto, il foglio di licenza.

Questa volta non è la solita licenza estiva, non è la solita settantina di giorni spensierati che voleranno per riportarmi, alla fine, di nuovo qui.

No, questa volta il foglietto di carta che ho in mano mi apre una strada che nello stesso tempo mi entusiasma e m’impaurisce, la strada verso il mio futuro, da ex allieva.

Osservo il cortile, vuoto e silenzioso, sotto un caldo sole di fine Giugno, e penso a quello stesso sole, che in quello stesso cortile, ci ha accolti il 7 Settembre 2009.

Eravamo settanta quindicenni in jeans e maglietta, intimoriti ed incuriositi, ma soprattutto ignari di ciò che il percorso che stavamo per intraprendere ci avrebbe riservato. Gli ultimi volti noti erano spariti oltre la porta che separa il cortile dal parlatorio, nascondendoci le lacrime delle mamme e la fierezza dei papà. Eravamo rimasti noi, nella nostra nuova Casa.

Quella stessa sera, appena prima di addormentarmi, avevo finalmente avuto il tempo di fermarmi a pensare e rendermi conto di quanto, in meno di ventiquattro ore, la mia vita fosse cambiata. Nei letti affianco al mio c’erano due ragazze allora sconosciute, di fronte a me l’armadio in cui qualche maglietta aveva già preso la forma di un cubo, incerto e ancora troppo poco spigolato.

Lacrime silenziose rigavano le mie guance, forse paura, forse nostalgia.

Le stesse lacrime che mi bagnano il volto adesso che è arrivato il momento di andare via. In poco tempo la Nunziatella travolge, regalando le emozioni più belle e costringendo ai sacrifici più duri; penso a quanto l’ho amata e a quanto, con la stessa intensità, spesso l’ho odiata.

Indugio ancora un po’ e, guardandomi intorno, ho davanti agli occhi le immagini infinite dei momenti ai quali quei luoghi hanno fatto da spettatori.

Ogni angolo conserva un ricordo, come un magnifico e misterioso segreto.

Lo scalone sembra interminabile, i miei passi verso l’uscita non sono stati mai così lenti. Una zak((zak , un allievo del 2° anno, goliardicamente “poco nobile…..”)) passa al mio fianco, rompendo l’incantesimo della memoria.

Mi invidia, perché io sto andando via, mentre lui è ancora “chiuso” lì.

Io, invece, invidio lui: darei qualsiasi cosa per poter fermare il tempo e lasciarmi cullare ancora un po’ dalla magia di quelle rosse mura.

E un po’ di Storia romana, di comuni sentimenti: un paio di cartoline della Scuola Militare di Roma, a Palazzo Salviati