N U N Z I A T E L L A

I   C A N T O S

Premessa

Questa canto verrà “corredato” da schizzi ripresi da un pamphelet del 1953, redatto da un altro cantore del rosso Maniero, Camillo Morganti, corso preistorico, 1924- 1927

che nel 1954, cioè nell’anno del suo 50enario dall’ingresso alla Scuola, dietro suggerimento del Comandante celeberrimo di quegli anni, il Bersagliere Colonnello Bernardino Grimaldi di Crotone, Argento diffuso sul petto di Medaglie, ristampò un volumetto di canti che narrarono simpaticamente gli anni dei suoi tempi. Ripubblicheremo quel libretto. Per ora a voi uno scampoletto di quei disegni sparsi fra i versi di questa “cantata”, la sesta, che non è di Beethoven, perché (ma quando finirà?)

Gabriele Albarosa è  il cantore

 

 

CANTO SESTO

 

IL PROFESSORE

Claudio Ferone Magistro.Quid censes […] nisistudium,
et ardorem quenda mamoris?
Sine quo cum in vita nihil quid quam egregium […]
nemo umquam assequetur

(Cicerone, De Oratore, I. xxx. 134)

Comparve d’improvviso sulla sogliaMaestoso, grave, il piglio da leone;Si stette – era latòr di nuova doglia

Sotto l’egìda dell’educazione –E tacque finché incerto il capo-classe,Dato l'”Attenti!” a tutta la sezione,

Con gran formalità la presentasse;“Buongiorno” – disse lui austeramente –Entrò e s’assise pria che cominciasse

La sua lezione e presto fu evidenteChe qui, dove l’Autorità era tutto,Questi n’era investito triplamente:

 

Di Puniziòn, di Scienza e soprattuttoD’Esempio. Or, per chiarezza, spiego come:In primis, se assegnava un voto brutto,

Nel rapportino segnalava il nomeE conseguentemente l’UfficialeSenza voler saper perché o percome

Al pari di un difetto marzïaleBissava con tre giorni di consegnaLa sua notifica professoriale;

E com’è d’uopo poi, per quel che insegna,Il grado di sapere lo rendevaArbitro e fonte d’ogni cosa degna

Di studio e dedizione, e se dovevaSomministrar severa medicina,Non esitava certo a fare leva

Sui numeri giocati alla schedina;Infine, del potere il fondamento,Ciò che distingue il Re dalla pedina:

Era di nobile comportamentoE nel parlare schietto ma eloquente,Sobrio e curato nell’abbigliamento.

Non c’era scampo per il delinquente,Per chi il dovere a lui faceva estraneo;Lo studio era il lavoro del discente,

Non comodo esercizio temporaneo!Di questo egli si volle sincerare Sagacemente e in modo subitaneo,

Porgendo una domanda elementareA mo’ di esca e poi, come un segugio,Braccando il più propenso allo scappare.

“Risponda Lei” – mi dice – mentre indugio,Gli occhi vaganti ad implorare aiutoNella ricerca vana di un rifugio;

Mi scopro balbuziente, kaps, …fottuto! Azzardo congiunzioni avversativeMiste a silenzi… Imbelle in un imbuto,

Zigomi ardenti, orecchie radioattive,Stremato, come al guado chi barcollaNel punto più distante dalle rive,

In trappola tra un vortice e una bolla…Desisto, conoscendo il mio destino,Ogni pensiero ormai di pasta frolla.

E mentre attendo mesto, il capo chino,Immerso nel silenzio più totale,Il Professore guarda me tapino

E dice: “Cappellone, il vero male,Non è la sua mancanza d’attenzione:La sua attitudine superficiale,

Per dirla nel parlar di Cicerone,È priva di ‘substantia’, o per chi vogliaUsare il dotto verbo di Platone,

Di ‘üpokèimenon’! …Ma non si doglia,Questo difetto ha facile rimedio:Consiglio a Lei e agli altri che ne han voglia

Di aprire il libro e prenderlo d’assedioPerché un capitolo di antologia – Pur che il memorizzare non sia un tedio –

Inclusa tutta la bibliografiaSaranno oggetto d’interrogazioneDomani: Le do piena garanzia”.

A quella generosa ammonizioneSeguì il senso di colpa e di pudore Pe’l mio causare pubblica sanzione.

Fu allora che la scossa di un tremore Pur breve ma d’ignota provenienzaSi fece fonte di maggior terrore:

Uno di noi, patita l’esperienza,Esclama ad alta voce: “Terremoto!” In preda alla paura e all’impazienza;

Serafico, il Docente rende notoL’agente di quel flebile rollìo:“È la funicolare, è quello il moto;

Di tanto in tanto il suo salir con brioDa via Toledo al Vomero si senteFin su la vetta del Monte di Dio;

Quand’anche fossero le più violentePercosse del Vesuvio a dar molestia…Quale più decorosa ed attraente

Fine sognar si può se con modestia,Nell’atto d’inseguir la Conoscenza,Si faccia fronte a tale invisa bestia?!?”

Timore, alacrità, riconoscenzaFurono i semi di quel primo incontro;Piantati nella nostra adolescenza,

Del loro germogliar pieno riscontroLa Vita avrebbe poi saputo dareCon venti ora a favore ed ora contro;

La Qualità nell’Arte d’InsegnareNon è soggetta al giogo delle ore,Non è Sapere, ma sapere Amare

Questo l’Archetipo del ProfessoreSeppe comunicare in pochi gestiCon fare esperto, andando dritto al cuore

Ma quelli erano ancora giorni mesti.