GRANDE E’ LA GUERRA

 

PERCHE’ PROFONDE FURONO LE CAUSE

E GRANDI LE SUE RIPERCUSSIONI

POLITICHE, SOCIALI ED ECONOMICHE

 

INTRODUZIONE

Spiro … così si chiamava il fratello di sua madre e così si sarebbe chiamato lui, se il prete del villaggio serbo in cui la famiglia Ceka viveva non si fosse opposto a che il nome fosse scelto da una donna. E Ceka, appunto, sarebbe stato il suo cognome se la guardia di frontiera Todor Ceka, suo nonno, una sera non si fosse ubriacato e, vestito della sua uniforme da parata e sul suo cavallo bianco, non avesse rapito una ragazza per farne la sua sposa. Era sembrato un Principe e come tale quel soprannome gli era rimasto attaccato diventando, di fatto, il cognome della sua famiglia.

Non più Spiro, ma Gavrilo e non più Ceka, bensì Princip.

È sconvolto il 19enne Gavrilo in quel caldo giorno di fine giugno del 1914 mentre guarda il boccale di birra che ha dinanzi a Sarajevo. Con altri 6 congiurati doveva porre fine alla vita dell’erede al trono austro-ungarico, Francesco Ferdinando ed è armato di una rivoltella ed una bomba. Nel taschino della giacca si trova anche una bottiglia di cianuro con cui, in ossequio all’obbedienza che deve alla Mano Nera”, l’organizzazione nazionalista segreta cui appartiene, si sarebbe tolto la vita dopo aver portato a termine l’attentato.

Poco prima aveva sentito esplodere una bomba e sapeva che era quella del suo caro amico Cabrinovic, così si era portato verso di lui per ucciderlo (secondo le disposizioni avute dal misterioso Apis, colui che tira i fili della Mano Nera), ma improvvisamente si era visto sfrecciare dinnanzi le auto del corteo. Qualcosa era andato storto e Gavrilo, sconvolto, sulle prime pensa al suicidio poi decide di entrare in quella birreria, maledicendo il caso o chissà cos’altro.

Intanto il Corteo ha raggiunto il Municipio di Sarajevo e qui un sindaco a sua volta sconvolto, cerca di leggere il suo saluto di benvenuto all’illustre ospite ed alla consorte, ma questi, come intuibile, non è disposto ad accettare alcun benvenuto formale e lascia l’assemblea. Il corteo si forma nuovamente e, per un malinteso tra gli autisti, l’auto dell’Arciduca è costretta a fare marcia indietro ad un incrocio su cui, tra le altre, si aprono le porte di una birreria… non è però una birreria qualunque poiché, proprio in quel momento, Gavrilo Princip uscendo scorge il trambusto, riconosce il suo obiettivo a portata di mano e, saltato sul predellino dell’auto, esplode tre colpi: il primo ferisce mortalmente l’Arciduca Francesco Ferdinando, il secondo il Generale Oskar Potiorek, ed il terzo Sofia (che morirà dissanguata di lì a poco essendo stata recisa l’arteria femorale).

Gavrilo cerca poi di rivolgere contro di se l’arma, ma viene disarmato ed arrestato. Solo grazie alla sua minore età, non ha ancora 21 anni, viene condannato a 20 anni di reclusione e muore, ironia della sorte, il 28 aprile del 1918, alla vigilia del crollo dell’Impero che aveva contribuito con il suo gesto e gettare in uno dei conflitti più sanguinosi della storia: la 1ª Guerra Mondiale.

 

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GENESI DI UNA GUERRA MONDIALE

Se a “bruciapelo” si chiedesse ad un passante la causa scatenante della 1ª Guerra Mondiale, non v’è dubbio che proprio all’attentato di Princip essa sarebbe fatta risalire; del resto è quel che ci hanno insegnato nei vari gradi della nostra istruzione scolastica, forse perché è più facile individuare un episodio specifico che non la congerie di cause e concause legate al panorama politico-economico che, come sempre in ogni conflitto, precede un episodio scelto, perciò, più per motivi didattici e semplificatori che non reali.

Partiamo, tuttavia, proprio da questo per eseguirne comunque una prima valutazione iniziando da uno di quei “se” con cui, ho più volte sottolineato, non si può scrivere la storia, ma che possono tuttavia essere un buon punto di partenza per valutare quel che è realmente avvenuto.

È giusto, intanto, rammentare che l’attentato di Princip nasce nel quadro nazionalista derivante dall’annessione unilaterale della Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria-Ungheria, nel 1908, a seguito del Trattato di Berlino con cui l’area veniva sottratta ai turchi e non concessa alla Serbia, che pure aspirava al suo possesso. La guerra era stata evitata solo perché la Serbia, che coltivava mire espansionistiche sulla regione, non aveva potuto agire senza il sostegno della Russia, all’epoca non ancora disposta al conflitto.

A partire dal 1905, infatti, le questioni balcaniche e coloniali (specie in Africa), avevano determinato un forte aggravamento dei contrasti internazionali. Dapprima si era trattato del tentativo tedesco di sostenere l’indipendenza del Marocco nei confronti dell’occupazione francese, poi era stata la volta di questa crisi nei Balcani, nel 1908.

Ma torniamo al “se”: “Se” Princip non avesse ucciso Francesco Ferdinando d’Austria, la Guerra sarebbe scoppiata lo stesso? Verosimilmente si (come sopra accennato), solo che forse un’altra sarebbe stata la causa scatenante poiché, in realtà, lo scoppio di un conflitto europeo era nell’aria addirittura, potremmo dire, dalla caduta di Napoleone che, a suo tempo, aveva fatto da catalizzatore delle spinte espansionistiche delle singole Nazioni, concentrando su di se l’odio, e le alleanze, dei paesi europei.

Terminata l’avventura” napoleonica, di fatto le Nazioni europee (non dimenticando peraltro che siamo in pieno periodo coloniale e perciò stesso in pieno scontro commerciale ed economico) si erano trovate spesso in condizioni di rivalità che erano talvolta sfociate in guerre che, pur considerevoli, non avevano tuttavia coinvolto grandi alleanze. È il caso della Guerra Franco-Prussiana (1870-71), o della Guerra Russo-Turca (1877-78), o la Guerra di Crimea (1854-56), o la corsa agli armamenti, specie navali, che vide la Germania puntare alla creazione di una potente flotta che non poteva non suscitare i timori di altre grandi potenze come la Gran Bretagna o la Francia.

La battaglia di Sedan

Dalla sconfitta francese di Sedan del 1870 e dalla caduta di Napoleone III era nata l’ostilità franco-tedesca, cui erano seguite le alleanze degli stati germanici dell’area Prussiana con la creazione del secondo Reich. Era inoltre emerso il contrasto anglo-tedesco e, soprattutto, si stava risvegliando, come visto, il grande focolaio di conflitti rappresentato dall’area balcanica, destinata a diventare la prima e principale polveriera dell’imminente conflitto.

Una coalizione slava fra Serbia, Montenegro, Grecia e Bulgaria aveva inoltre mosso guerra all’Impero Turco con due distinte campagne di guerra, nel 1912 e 1913, che avevano avuto il risultato non solo di rafforzare le tendenze aggressive del regno di Serbia nella regione, ma avevano ulteriormente peggiorato i suoi rapporti con Vienna, suscitando, di contro, desideri di vendetta e di riscatto nella Turchia e nella Bulgaria che, nel frattempo, si era rivoltata contro gli alleati slavi aggredendo improvvisamente Serbia e Grecia.

Gioco forza era stata, alla fine dell’800, la nascita di alleanze (più spesso segrete) che prevedevano la mutua assistenza tra gli Stati firmatari; è il caso della Triplice Alleanza del 1882, tra gli Imperi Germanico, Austro Ungarico ed il regno d’Italia, e la Triplice Intesa (1907 nella sua ultima concezione) tra gli Imperi Russo, Britannico e la Francia.

In tale contesto, decisamente “animato”, in cui motivazioni politiche si affiancano a ben più importanti motivazioni economiche, l’attentato di Sarajevo costituisce di certo la proverbiale “scintilla” che da fuoco alle polveri.

L’Austria-Ungheria, convinta (cosa peraltro vera, come sopra visto) che l’attentato sia nato in ambito governativo serbo, prende la palla al balzo e, dopo solo un mese (nel luglio 1914), anche a seguito di ulteriori, strumentali, episodi di presunta violazione di suoi confini da parte di forze serbe, dichiara guerra alla Serbia. Per il gioco delle alleanze sopra viste, entra in guerra al fianco dell’Austria, anche la Germania (mentre l’Italia si dichiara neutrale).

Gioco forza, la Serbia ricorre all’aiuto della Russia (che peraltro aveva iniziato la sua mobilitazione il giorno dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia) al fianco della quale si schierano, ovviamente, le alleate Francia e Gran Bretagna.

Nel giro di sei mesi, per l’incrociarsi di alleanze e di patti di intervento e difensivi tra le nazioni minori e le potenze maggiori, ovviamente principalmente per fattori economici, quasi tutte le nazioni europee sono coinvolte nel conflitto che, geograficamente, si estende già ben oltre i confini terreni e marittimi dell’Europa stessa. A riprova della brace che covava sotto la cenere, si consideri che il “Piano Schlieffen” germanico, steso quasi dieci anni prima dello scoppio del conflitto, già prevedeva la violazione della neutralità del Belgio per poter colpire la Francia con una “guerra lampo”; una “guerra lampo” potremmo dire che si tratti quasi di una costante della strategia tedesca giacché anche allo scoppio della 2ª Guerra Mondiale questo sarà il “sogno” dei generali tedeschi: un intervento che in pochi giorni, al massimo pochi mesi, ponga fine alle ostilità a tutto vantaggio della potenza germanica.

Ma come non sarà “lampo” la 2ª, così non lo sarà neppure la 1ª Guerra Mondiale che, anzi, durerà ben quattro anni con ripercussioni durissime non solo sotto il profilo militare, ma anche, e specialmente, sotto quello economico-politico. Il 24 maggio 1915, venendo meno all’accordo a suo tempo siglato con Austria-Ungheria e Germania e rinunciando alla proclamata neutralità, entra in guerra anche l’Italia al fianco della Triplice Intesa.

Negli anni che seguono Nazioni le più “dimenticate”, come la Liberia, il Siam, Panama, Cuba, legate alle potenze coloniali, entrano in guerra così come gli Stati Uniti nell’aprile del 1917.

La guerra è ormai davvero Mondiale e non a caso ci si riferirà a lei, per sempre, con quel termine “Grande Guerra” che ne evidenzia il carattere totalizzante poiché mai si era visto un tal impiego di risorse e, soprattutto, di uomini.

La tabella che segue, relativa solo alle principali potenze coinvolte nel conflitto, pur nella sua aridità numerico-contabile, è tuttavia sintomatica di quel che la 1ª Guerra Mondiale significò, specie se si considera la colonna “f”, ovvero quella relativa alla percentuale di perdite sul numero dei “mobilitati”, che può servire anche a comprendere perché non esista paese, anche il più piccolo della nostra penisola, che non esponga, nel suo “monumento ai caduti”, liste più o meno lunghe di propri figli caduti nell’immane conflitto:

FERITI, MORTI, DISPERSI E PRIGIONIERI NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

 

 

Un cimitero della 1ª Guerra Mondiale nei pressi di Gorizia

 

AUTOPSIA DI UNA GUERRA MONDIALE

Per una ben nota legge naturale, tutto ciò che ha un inizio, una genesi, deve pur sempre avere una fine, e la 1ª Guerra Mondiale, con il suo mostruoso bagaglio di lutti, non poteva essere certo da meno.

Se è pur vero che un’autopsia serve a stabilire le causa di una morte, nel nostro caso vorrei usare questo termine non tanto per trattare dei motivi per cui la guerra terminò, quanto piuttosto –data la sua crudezza- per passare in rassegna (per forza di cose brevemente), ripercussioni politiche, sociali, economiche quali inevitabili strascichi di un così grande “cataclisma”.

Una prima considerazione non può che scaturire dalla tabella delle perdite con cui ho chiuso il paragrafo precedente: ci siamo trovati dinnanzi, infatti, ad oltre 37milioni di perdite (tra deceduti, feriti, dispersi) e se si ricorda che nel conflitto, per l’Italia, entrarono anche ragazzi di giovanissima età (i “ragazzi del ‘99” e, verso la fine, quelli del 1900), è facile immaginare quale fosse l’età media dei combattenti (28 anni), ma ancor più quella dei morti (25 anni e 6 mesi).

Ancor più grave per quelle che sarebbero state le ripercussioni sull’economia italiana, in prevalenza rurale, se si considera che sul totale dei morti gli appartenenti alla classe contadina raggiunsero il 56%. Anche sotto il profilo demografico la guerra fece sentire i suoi effetti; si consideri che oltre il 30% dei morti era ammogliato e che se nel 1918 si ebbero solo 655.000 nascite si ritiene che, a causa della guerra, sia stato di oltre 1milione il disavanzo di nascite.

Può essere interessante leggere l’ultimo paragrafo della relazione che così conclude:

“…Con questi ragguagli sulle spese di guerra chiudiamo le nostre note; essi dicono quanto fu grave il nostro sforzo e spiegano come la generazione che con slancio magnifico dette tutto il sangue occorrente alla Vittoria, non poteva e non poté dare tutto il danaro, spiega come al pagamento delle spese di guerra attraverso molteplici forme ma specialmente col maggior onere del debito pubblico…. più di una generazione dovrà contribuire

…è appena il caso di sottolineare quanto profetica fosse quella frase se si considera che il debito della 1ª Guerra Mondiale è stato sanato solo negli anni ’70 del secolo appena trascorso.

Nessuno dei Paesi comunque coinvolti nel conflitto, vinti o vincitori che fossero, ne uscì indenne: il disavanzo pubblico divenne insostenibile causando livelli di inflazione e svalutazione incontrollabili cui si deve necessariamente aggiungere, a fattor comune, la crisi specie di quelle industrie che avevano garantito gli approvvigionamenti per la condotta della Guerra.

Il conflitto era stato anche il banco di prova della teoria marxista delle Guerre Imperialiste. Il Capitalismo, secondo Marx, produce continuamente attraverso le sue industrie; ma la produzione continua, necessaria a giustificare l’esistenza stessa dell’industria, crea invenduti che le fabbriche immagazzineranno come scorte il che comporta, necessariamente, una riduzione della produzione.

Da una minor produzione deriveranno, è ovvio, licenziamenti e, quando le scorte diventeranno troppo ingenti e difficili da smaltire, il sistema entrerà in crisi.Per eliminare le scorte, o “convertirà” le proprie industrie momentaneamente (dalla produzione di autovetture, ad esempio, a quella di utensili) o, nei casi più gravi, attuerà Guerre Imperialiste che possano “assorbire” le scorte stesse, anche grazie alla distruzione fisica delle stesse, il che renderà necessaria la ripresa della produzione.

Il sistema capitalistico, riuscirà perciò sempre a risolvere le sue crisi di sovrapproduzione, ma in un caso ciò non avverrà, quando, cioè, si giungerà alla “Catastrofe Economica” e si avrà il crollo del tasso di profitto da cui il capitalismo non sarà più in grado di sollevarsi.

Nel 1914, come abbiamo sopra visto, la Russia era entrata in guerra al fianco della Triplice Intesa, ma dopo un breve periodo positivo di vittorie, la situazione andò deteriorandosi molto rapidamente sotto il profilo strategico-militare (per le ingentissime perdite, sia sul campo che come prigionieri) ed economico. Nel 1917 la situazione era diventata insostenibile, sia sotto il profilo estero, con continue sconfitte e risultati scarsi, o nulli, sotto il profilo militare, sia e specialmente interno, con una situazione economica decisamente disastrata. A febbraio, ritenendo giunto peraltro il momento auspicato da Marx della “rivoluzione mondiale”, Vladimir Il’ič Ul’janov “Lenin”, capo del partito bolscevico, rientra in Russia e si pone a capo del partito rivoluzionario che, di lì a poco, scatenerà la Rivoluzione d’Ottobrecui seguirà, nel dicembre l’armistizio con la Germania.

Quest’ultima a sua volta patì, come peraltro prevedibile, le pene più dure al termine della Guerra in conseguenza del Trattato di Versailles. Non solo la Germania perse, perché concesso ad altri Stati, quasi il 20 % del suo territorio, ma fu costretta ad ammettere la propria responsabilità nello scoppio della Guerra e a pagare risarcimenti per oltre 130miliardi di marchi. Il duro “embargo” a cui ancora fu sottoposta e le condizioni davvero miserevoli della popolazione civile (secondo alcuni studi sarebbero stati quasi 800mila i morti per malnutrizione e stenti), unitamente alla crisi economica che si acuì per giungere al suo culmine nel 1929, furono di certo alla base, peraltro, della nascita di quei sentimenti nazionalisti così forti che sfociarono nella presa di potere da parte del partito Nazionalsocialista.

L’Impero Austro-Ungarico venne praticamente smembrato con la nascita degli Stati autonomi dell’Austria e dell’Ungheria, mentre parti dello stesso Impero, come la Boemia, la Slovacchia e la Moravia andarono a costituire la Cecoslovacchia; altre aree dell’ex-impero passarono sotto la sovranità di altri Stati come la Polonia o l’Italia che ottenne il Trentino, Trieste e la Venezia Giulia.

Anche l’Inghilterra, che apparentemente usciva vincitrice dal conflitto, si trovava tuttavia a dover risarcire gli ingenti debiti contratti e che costituivano, ormai, quasi il 50% delle spese dello Stato; anche la concessione, come risarcimento di guerra, di consistenti forniture di carbone germanico, se da un lato sembravano vantaggi economici non irrisori, dall’altro, di fatto, costituirono un freno ed un vero e proprio danno per la produzione interna.

Complessivamente, le ripercussioni sull’assetto economico mondiale furono nefaste e l’economia non solo non si risollevò nel breve periodo, ma preparò terreno fertile a quella che sarebbe stata una seconda e più traumatica conseguenza che coinvolse per prima, ed in maniera più massiccia, l’unica forse tra le Nazioni che era sembrata emergere positivamente dalla Guerra: gli Stati Uniti.

Si avvicinava il 1929.

 

12/03/2012

 

Giuseppe Esposito      

 

 

NAZIONE

Uomini mobilitati

PERDITE

Caduti

Feriti

Prigionieri e Dispersi

Totale (b+c+d)

% su (a)

a

c

d

e

f

Russia

12.000.000

1.700.000

4.950.000

2.500.000

9.150.000

76,25

Francia

8.410.000

1.357.800

4.266.000

537.000

6.160.800

73,26

Impero britannico

8.904.467

908.371

2.090.212

191.652

3.190.235

35,83

Italia

5.615.000

650.000

947.000

600.000

2.197.000

39,13

Stati Uniti

4.355.000

126.000

234.300

4500

364.800

8,38

Giappone

800.000

300

907

3

1.210

0,15

Romania

750.000

335.706

120.000

80.000

535.706

71,43

Serbia

707.343

45.000

133.148

152.958

331.106

46,81

Belgio

267.000

13.716

44.686

34.659

93.061

34,85

Grecia

230.000

5000

21.000

1000

27.000

11,74

Portogallo

100.000

7222

13.751

12.318

33.291

33,29

Montenegro

50.000

3000

10.000

7000

20.000

40,00

Totale Intesa

42.188.810

5.152.115

12.831.004

4.121.090

22.104.209

52,39

Germania

11.000.000

1.773.700

4.216.058

1.152.800

7.142.558

64,93

Austria-Ungheria

7.800.000

1.200.000

3.620.000

2.200.000

7.020.000

90,00

Turchia

2.850.000

325.000

400.000

250.000

975.000

34,21

Bulgaria

1.200.000

87.500

152.390

27.029

266.919

22,24

Totale Imperi centrali

22.850.000

3.386.200

8.388.448

3.629.829

15.404.477

67,42

Totale complessivo

65.038.810

8.538.315

21.219.452

7.750.919

37.508.686

57,67